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APPROFONDIMENTI della nostra redazione

Con la liquidazione entriamo nella fase conclusiva della vita dell’azienda.

L’azienda non viene più, come nella cessione, alienata nel suo complesso funzionante, ma vengono realizzate, mediante la vendita, le singole attività “stralciandole” dal complesso aziendale o vendendole coordinate in complessi aziendali di “grado inferiore”.

Parimenti vengono estinte le partite di natura debitoria e l’eventuale residuo attivo della liquidazione verrà poi distribuito ai detentori del capitale di rischio dell’impresa. Esamineremo solamente la liquidazione decisa “volontariamente” dai soci e non le liquidazioni di natura fallimentare.

S.p.a.: motivi di liquidazione

L’art. 2484 del codice civile – relativo alle società per azioni – fa una elencazione dei possibili motivi per cui si liquida una impresa:

“1) per il decorso del termine;

2) per il conseguimento dell’oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, salvo che l’assemblea, all’uopo convocata senza indugio, non deliberi le opportune modifiche statutarie;

3) per l’impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell’assemblea;

4) per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dagli artt. 2447 e 2482-ter;

5) nelle ipotesi previste dagli artt. 2437-quater e 2473;

6) per deliberazione dell’assemblea;

7) per le altre cause previste dall’atto costitutivo o dallo statuto”.

7-bis) per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale e della liquidazione controllata [1].

Si può pertanto affermare che la liquidazione può essere iniziata per due ordini di fattori: il primo, afferente a motivazioni di natura soggettiva legate in genere a situazioni, spesso di origine biologica, in cui si viene a trovare il soggetto economico (ad esempio opportunità dell’imprenditore a non continuare l’attività per anzianità, stato di salute, mancanza di motivazione, oppure mortedell’imprenditore stesso ed incapacità degli eredi nel continuare l’attività imprenditoriale ecc.).

Nel secondo ordine di fattori, che potremo definire “contingenti”, rientrano quelle situazioni riguardanti la congiuntura del mercato in cui opera l’impresa e l’incapacità a superare momenti di difficoltà. Generalmente in queste condizioni si giunge a situazioni di crisi o di dissesto aziendale [2].

Comune alle due situazioni sopra individuate è l’impossibilità o l’incapacità nel poter alienare l’impresa come complesso funzionante.

Si distingue spesso fra liquidazione volontaria e liquidazione non volontaria o fallimentare; tale distinzione vuol sottolineare la possibilità o meno da parte del soggetto economico di essere in grado di decidere la liquidazione dell’azienda, decisione che spetta ad altri organi (organi giurisdizionali, amministrativi) nella seconda ipotesi. Generalmente – ma non è sempre detto che ciò si avveri, in quanto ogni situazione aziendale andrebbe esaminata caso per caso – il capitale di liquidazione rappresenta il limite inferiore di valutazione del capitale netto di gestione, mentre il limite superiore sarà rappresentato da un’altra configurazione di capitale, il cosiddetto capitale economico o di cessione.

Nomina del liquidatore

Con la delibera di messa in liquidazione viene (o vengono) altresì nominato il liquidatore (o i liquidatori). I liquidatori hanno una funzione pubblica e sostituiscono gli amministratori nella gestione.

Rinviamo ai successivi capitoli l’esame degli aspetti civilistici, contabili e fiscali nelle liquidazioni volontarie.

 

[1] Il punto 7-bis) è stato introdotto dall’art. 380 del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (“Codice della crisi”).

[2] Si veda, in relazione a situazioni di “patologia aziendale”, il nostro scritto: La valutazione delle imprese in dissesto, in “Rivista dei dottori commercialisti”, 1979, n. 2, pp. 353 e ss.

Una Spa, in liquidazione volontaria, avendo soddisfatto tutti i creditori e ceduto i beni, sta per provvedere alla redazione del bilancio finale e al riparto dell’attivo residuo per la successiva cancellazione/estinzione. Dato che un socio risulta da tempo irreperibile, è presumibile che, in fase di distribuzione ai soci, la somma allo stesso spettante verrà depositata dal liquidatore in banca a suo nome, a norma dell’articolo 2494 del Codice civile. Qualora tale socio, non rintracciabile, non riscuota la somma depositata dal liquidatore in banca, il suo diritto alla riscossione – non esercitato – cade in prescrizione a favore degli altri soci (o meglio ex soci, stante l’estinzione della Spa in liquidazione) e, in caso affermativo, il diritto del socio sul deposito è soggetto a prescrizione quinquennale, ex articolo 2949 del Codice civile, oppure a prescrizione ordinaria decennale?
m. v. 

—–

Il debito verso il socio non si estingue con la cancellazione della società dal Registro delle imprese e, di conseguenza, segue la regola della prescrizione decennale ordinaria (articolo 2946 del Codice civile). Infatti, per la prescrizione del credito (in capo al socio “assenteista”), occorre evidenziare che l’effetto, sia interruttivo che sospensivo, sono da ricollegare al compimento di atti tipici. L’articolo 2943 del Codice civile, in particolare, fa discendere l’effetto interruttivo soltanto da atti specificamente elencati, contenenti l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto obbligato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora. Tra questi atti tipici non rientra la cancellazione dal Registro delle imprese della società, i cui effetti sono previsti dalla legge (articolo 2495 del Codice civile) e consistono sì nella definitiva estinzione dell’ente, ma anche nella successione degli ex soci nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata, indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano goduto di qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione (in tal senso, Cassazione, 30718 del 18 ottobre 2022). Il deposito della somma spettante al socio “assenteista”, pertanto, pur consentendo la cancellazione della società (soggetto debitore) nei cinque giorni successivi alla scadenza del termine previsto dall’articolo 2492, terzo comma, del Codice civile (90 giorni dal deposito del bilancio finale di liquidazione), non rappresenta un rimedio definitivo sul piano della definizione del rapporto tra socio “smarrito”, società liquidanda e soci di questa, in quanto per essi si incorrerà nella prescrizione ordinaria di cui all’articolo 2946 del Codice civile, essendo il rapporto non più rientrante tra quelli relativi a società iscritte al Registro delle imprese (articolo 2949, primo comma, del Codice civile).